Consulente Immobiliare
Edizione del 30 novembre 2016, n. 1010 pag. 1990-1997
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Si è sempre parlato dell’esperto nel processo di esecuzione in forma generica (cosiddette “esecuzioni immobiliari”) rivolgendo l’attenzione alle competenze in materia specialistica, in particolare sulla disciplina delle stime immobiliari. D’altra parte l’evoluzione che questa materia ha conosciuto negli ultimi anni nel nostro Paese ha portato l’interesse degli osservatori a porre l’attenzione, nel quadro dell’affidabilità delle perizie immobiliari, sulla correttezza della metodologia estimativa e dei dati contenuti nell’elaborato peritale più che
sul contesto più generale dell’incarico. Ma la funzione dell’esperto richiede competenze e sensibilità più ampie; non appare pertanto superfluo porre
al centro della nostra attenzione l’aspetto procedimentale e regolamentare, valutandone la natura, il ruolo, le responsabilità finanche rispetto al ruolo più diffuso di consulente tecnico di ufficio nell’indirizzo di poter delineare meglio il particolare e delicato incarico che il tecnico ricopre in questa funzione.
Come una pubblicità televisiva di molti anni fà “per dipingere una grande parete ci vuole un grande pennello” … si può affermare che per avere perizie affidabili occorrono esperti affidabili!
E questo non è affatto scontato atteso il grande fermento che attraversa da qualche anno il mondo della consulenza tecnica giudiziaria: un esercito di nuovi tecnici ha varcato le soglie dei Tribunali, un rilevantissimo numero di richieste di iscrizioni all’albo dei CTU, passate e attuali responsabilità che si schiudono davanti ai consulenti; insomma un processo di trasformazione che investe non solo la comunità dei consulenti ma tutti gli attori dei procedimenti che sono coinvolti in vario modo negli effetti delle attività dell’ausiliario giudiziario. Tutto ciò è anche indotto (e fortemente accelerato) dalla oramai evidente contrazione del mercato che negli ultimi anni si è registrata in moltissime aree dell’ampio settore immobiliare e territoriale e dalla logica indiscriminata di rotazione nell’assegnazione degli incarichi. Il dato è impressionante: negli ultimi due anni fino a circa il 40% di aumento di domande per l’iscrizione all’Albo dei consulenti tecnici di ufficio nei Tribunali: una vera e propria transumanza tale da far impallidire la migrazione delle Zebre e degli Gnu dal Serengeti al Masai Mara in Kenya!
Vuol dire che un vero e proprio esercito di nuovi (non solo giovani) professionisti hanno deciso di intraprendere le attività di tecnico al servizio della giustizia, fino a quel momento, per loro inesplorate a causa della convinzione della prevalenza di rapporti fiduciari ausiliario / magistrato e (forse, ma non solo) per l’apparente esiguità dei compensi riconosciuti per tale attività.
Al fine di avere un quadro chiaro, dobbiamo osservare che le aree di competenza in cui si esplicano le funzioni dell’ausiliario di cui all’art. 161 disp. att. cod. proc. civ. possono individuarsi in:
- area valutativa;
- area due diligence tecnico-giuridica;
- area regolamentare e procedimentale.
Mentre le prime due godono (anche sulle pagine di questa pubblicazione) di studi e analisi in quanto indubbiamente “core business” della funzione della figura in commento, la terza a cui è connessa la natura, funzione e responsabilità dell’esperto non sempre viene considerata forse perché, anche con qualche ragione, ritenuta secondaria rispetto agli altri temi.
A questo tema vogliamo dedicare l’approfondimento di queste pagine.
Occorre osservare che non vi può essere qualità della prestazione senza la conoscenza, la cognizione e la piena consapevolezza delle norme che governano l’attività e racchiudono le responsabilità connesse alle funzioni.
Spesso assistiamo, nella generale scarsa cultura del ruolo e assenza di sviluppo professionale delle funzioni di consulente tecnico di ufficio e ausiliario giudiziario (perché non si è mai dedicato momento di studi nei cicli formativi scolastici a queste funzioni o non si è mai pensato al pari di altri settori, come per esempio i certificatori energetici, a una qualificazione?) che da sempre hanno contraddistinto queste funzioni, a conoscenze carenti delle regole. Non è raro registrare come molti consulenti si limitino ad avere cognizione dei soli quesiti posti nel verbale di affidamento dell’incarico senza alcuna conoscenza delle norme, degli obblighi, delle responsabilità connesse all’esercizio della particolare funzione finanche a quelle relative ai compensi che oggi dopo l’avvento della sventurata novella dell’art. 161 disp. att. cod. proc. civ. introdotta dalla legge 132 del 6 agosto 2015 sono più che mai attuali.
Innanzitutto, in via preliminare, preme osservare che la figura richiamata dalla norma art. 161 disp. att. cod. proc. civ. è da inquadrarsi nel più ampio alveo delle figure di ausilio al magistrato statuite dall’art. 68 cod. proc. civ.(1) (altri ausiliari). Per altro ausiliario s’intende il soggetto che esercita una funzione strumentale al provvedimento che il giudice emette al termine di un determinato procedimento.
D’altra parte, se occorresse, possiamo evidenziare come la Cassazione in più pronunciamenti ha sottolineato come l’esperto stimatore, nominato dal tribunale va annoverato fra gli ausiliari del giudice, ai sensi dell’art. 68 cod. proc. civ.(2)
L’esperto svolge quindi una funzione pubblica nell’indirizzo di tutelare interessi del corretto, equilibrato e idoneo funzionamento della giustizia.
In tal senso preme evidenziare come, non a caso, pur non essendo direttamente discendente dalle funzioni che il codice di rito, nell’art. 61, dedica al consulente tecnico, anch’egli, al pari del CTU, è sottoposto al vincolo del giuramento, seppur oggi de-formalizzato a seguito della novella della legge 132/2015, nella formula recitata innanzi al cancelliere e non più dinnanzi al G.E.
La formula del giuramento «di bene e fedelmente adempiere alle funzioni affidatemi al solo scopo di far conoscere al giudice la verità» racchiude l’ammonimento a mettere in atto tre distinte condotte che, con ogni evidenza, fanno conseguire altrettanti obblighi in capo al soggetto:
- adempiere;
- adempiere bene;
- adempiere fedelmente;
Il primo riguarda l’obbligo di portare a compimento il mandato, salvo giustificati impedimenti da segnalare al giudice. Viceversa il CTU che ometta il compimento dell’incarico commette il reato di omissione di atti di ufficio (art. 328 cod. pen.) e può essere fatto oggetto di sanzioni disciplinari oltreché, laddove sussistenti, responsabilità sul piano civile.
Con il secondo precetto il consulente dichiara di adempiere “bene”.
Tale enunciazione è legata a due fattori fondamentali:
- avere le conoscenze sul piano procedimentale (sapere giuridico, il COSA);
- avere competenza nella materia sul piano tecnico-scientifico (sapere tecnico, il COME).
Con il terzo impegno il consulente dichiara di adempiere “fedelmente»”.
Tale enunciazione è legata al fattore centrale del rispetto dei doveri richiesti dall’ufficio e da richiamarsi nel rispetto della legge ed a concetti di probità e serietà:
Questi obblighi sottintendono le responsabilità dell’esperto, questione sul quale torneremo tra breve.
Un aspetto da considerare rispetto a quanto in commento è quello della prassi in uso in alcuni tribunali attraverso la quale non sia fatta espressa richiesta agli esperti di essere iscritti nell’albo dei consulenti tecnici. E invero né l’art. 161 disp. att. né l’art. 68 né tantomeno l’art. 569 cod. proc. civ. nei loro contenuti dispongono che l’esperto debba scegliersi tra quelli iscritti in albi speciali, come invece indica l’art. 61 seppur con lo stemperamento del termine “normalmente” che offre al giudice la possibilità di scegliere anche soggetti diversi.
La condizione, ancorché legittima, non può non evidenziarsi come singolare atteso che, pur con le limitazioni note e da tempo evidenziate in più occasioni da questo autore, l’albo dei CTU ai sensi dell’art.13 disp. att. cod. proc. civ., resta comunque l’unico presidio attuale al controllo e a una prima selezione dei professionisti ccandidati consulenti ed esperti.
Peraltro la situazione in parola potrebbe determinare la singolare condizione che dinnanzi a condotte di inottemperanza agli obblighi connessi all’incarico, l’esperto iscritto all’albo CTU rischierebbe una possibile sanzione disciplinare di avvertimento, sospensione dallo stesso elenco per un periodo superiore non superiore ad un anno o addirittura la cancellazione dall’albo mentre lo stesso esperto non iscritto all’albo non potrebbe essere passibile di tali sanzioni atteso che il comitato ex art. 14 disp. att. non potrebbe esercitare alcuna attività sanzionatoria nei di lui confronti.
O ancora che i soggetti non iscritti nell’albo non sarebbero sottoposti alla vigilanza del Presidente del Tribunale in ordine alla rotazione degli incarichi e non potrebbe essere applicabile loro la limitazione del 10% di quelli affidati dall’ufficio richiamati dall’art. 23 disp. att. cod. proc. civ.
È di tutta evidenza che quindi, sarebbe da auspicare che gli uffici scegliessero gli esperti tra i soggetti iscritti all’albo dei CTU anche nell’indirizzo di garantire l’esercizio da parte dell’organo deputato degli opportuni controlli sollecitando altresì gli esperti ad una maggiore sensibilità e consapevolezza verso il ruolo e le funzioni a questi ascritte.
Peraltro a tale richiamo pare pure inquadrarsi coerentemente la novella contenuta nell’art.16 – novies (Modalità informatiche per le domande di iscrizione e per la tenuta dell’albo dei consulenti tecnici, dell’albo dei periti presso il tribunale, dell’elenco dei soggetti specializzati per la custodia e la vendita dei beni pignorati e dell’elenco dei professionisti disponibili a provvedere alle operazioni di vendita) del D.L. 83 del 27 giugno 2015, convertito nella legge 132 del 6 agosto 2015, di riforma in materia fallimentare, civile e di amministrazione giudiziaria che, aveva introdotto modifiche alla legge 221/2012, con l’istituzione dell’albo telematico e la eliminazione di quelli conservato con modalità cartacee. Il termine per la pubblicazione delle Specifiche tecniche a cura del Ministero della giustizia finalizzate alla formazione e tenuta dell’albo in modalità telematiche è stato prorogato entro il 31 dicembre di quest’anno come pure l’obbligo d’iscrizione con le medesime modalità da parte dei CTU, periti ed esperti è stato prorogato con il cosiddetto “Milleproroghe” (legge 21/2016 di conversione del D.L. 210/2015) pubblicato sulla G.U. 47 del 26 febbraio.
Ma tornando alla natura delle funzioni dell’esperto e alla sua similarietà a quelli del consulente tecnico, è estremamente interessante e significativa una recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione, Sez. III civ., n. 18313 del 18 novembre 2015 che, nel confermare la responsabilità dello stimatore nei confronti dell’aggiudicatario, enuncia alcuni importanti principi che presentano significativi risvolti teorici e pratici sul punto della figura e della natura dell’esperto e sul quadro di responsabilità ad esso connesse. I profili d’interesse sono due.
Innanzitutto la Corte di Cassazione, statuendo la parificazione tra consulente tecnico di ufficio e stimatore, ha precisato che a questi si applicano le disposizioni sul consulente tecnico di ufficio, compreso l’art. 64 cod. proc. civ. (colpa grave) che determina la responsabilità del consulente tecnico.
In questo senso il Collegio supremo si era già espresso con la sent. n. 2359 del 2 febbraio 2010, affermando la responsabilità del perito incaricato dal giudice dell’esecuzione della stima di immobili, per avere indicato erroneamente una misura degli immobili molto maggiore rispetto a quella reale e nell’ord. n. 6014 del 17 aprile 2012 con la quale, seppur rigettando il ricorso presentato da ricorrenti per un’azione risarcitoria nei confronti dell’esperto nominato dal Tribunale per errata stima, ribadiva la fattispecie della responsabilità ex art. 64, comma 2, ultima parte, cod. proc. civ.; tale enunciazione ha trovato ulteriore riconoscimento nella sentenza del 19 marzo 2013 del Giudice Unico del Tribunale di Verona in esito a una richiesta risarcitoria avverso l’esperto stimatore nominato dal giudice dell’esecuzione.
Nella sentenza in commento la Suprema Corte, nel medesimo tempo, ha affermato che il Ministero della giustizia non è responsabile di eventuali illeciti commessi dal consulente, in quanto l’art. 64 cod. proc. civ. non prevede questa responsabilità solidale. Il consulente tecnico di ufficio, quale ausiliario del giudice risponde direttamente e in via esclusiva dei danni arrecati a terzi e non può beneficiare del regime di responsabilità previsto dalle norme sulla responsabilità dei magistrati, che sono contenute nella legge 117 del 13 aprile 1988.
Va anche considerato che il riconoscimento di una responsabilità dello stimatore nei confronti dell’aggiudicataria può assumere grande rilevanza anche per tutti gli altri accertamenti e compiti che vengono affidati allo stimatore nelle vendite forzate: si pensi al caso in cui lo stimatore fornisca informazioni non corrette sulla consistenza dell’immobile, sui costi ovvero sulla procedura da seguire per giungere alla sanatoria dell’immobile.
Il secondo profilo che l’orientamento in parola statuisce, consequenziale al primo, è che all’esperto stimatore deve applicarsi anche il regime delle norme codicistiche sulla astensione, sulla tenuta degli albi e sulla rotazione degli incarichi riferiti al consulente tecnico di ufficio.
L’esame dell’importante pronunciamento è l’occasione per richiamare pertanto la necessaria conoscenza da parte dell’ausiliario del quadro di responsabilità e natura delle funzioni ad egli ascritte nello svolgimento del mandato.
La responsabilità del consulente
Abbiamo detto della responsabilità civile che è fissata dall’art. 64, comma 2, cod. proc. civ. e prevede che il consulente sia tenuto al risarcimento causato alle parti. La previsione dell’art. 64 cod. proc. civ. dispone che il consulente è in ogni caso tenuto a risarcire i danni causati alle parti a significare della speciale attenzione riservata dal legislatore all’attività dell’ausiliare del giudice, al quale sembra rivolgere l’ammonimento di adempiere correttamente la delicata funzione affidatagli.
La peculiarità dell’attività richiesta al consulente sta nel fatto che essa ha natura prettamente professionale, sostanziandosi in una prestazione d’opera intellettuale, svolta però nell’interesse non di una parte privata o di un soggetto giuridico individuato e individuabile quale sua controparte contrattuale, ma piuttosto nell’interesse della giustizia rappresentata in concreto dall’ufficio del giudice.
In materia di natura di responsabilità la tesi prevalente è quella di ritenere la responsabilità civile del consulente del tipo extracontrattuale detta anche “aquiliana”. Ciò poiché l’attività del consulente tecnico che è svolta nell’esercizio di una pubblica funzione nell’ambito di un processo, non è in alcun modo inquadrabile negli schemi di un rapporto di lavoro, sia esso subordinato o anche autonomo, quasi che il consulente fosse vincolato alle parti da un rapporto di prestazione d’opera come ben ha stabilito la Cassazione con la sent. n. 1545 del 25 maggio 1973. Dalla natura extracontrattuale della responsabilità in esame discende, fra l’altro, l’applicazione delle regole che le sono proprie, prima fra tutte quella del termine breve di prescrizione quinquennale (art. 2947 cod. civ.).
La responsabilità del consulente potrà venire concretamente in rilievo solo quando egli abbia provocato dei danni, e solo se di essi sia data prova dalla parte interessata (sulla quale grava il relativo onere probatorio, giusta la norma ex art. 2697 cod. civ.). Al danneggiato quindi spetta la dimostrazione della prova, oltreché del danno, del nesso di causalità tra esso e la condotta del consulente e la caratterizzazione del grado di colpa.
Ma il richiamo all’art. 64 operato dalla sentenza, stante il contenuto dello stesso disposto codicistico, riconduce anche alle responsabilità penali. I profili di responsabilità penale sono regolati dagli artt. 64 cod. proc. civ., 314 e segg., 366, 373 e segg. cod. pen.
I reati
I reati in cui può incorrere il consulente nell’adempimento del proprio incarico sono inquadrati nei reati contro l’amministrazione della giustizia, specificamente, i reati contro l’attività giudiziaria (Libro secondo, Titolo III, Capo I del codice penale).
Rifiuto di uffici legalmente dovuti (art. 366 cod. pen.)
La giurisprudenza più recente ha precisato come il reato di rifiuto di uffici legalmente dovuti, di cui all’art. 366 cod. pen., sanzioni i comportamenti prodromici all’assunzione di funzioni pubbliche, con l’esclusione di quelli riguardanti la fase dell’esecuzione dell’incarico che potranno eventualmente rilevare in altri profili di reato. Pertanto nel reato incorre anche chi non ancora assunto l’incarico.
La norma presenta due titoli autonomi di reato.
Il primo si realizza con l’ottenimento, con mezzi fraudolenti, da parte dei soggetti indicati nel primo comma (perito, interprete e custode di cose sottoposte a sequestro, nominati dall’Autorità giudiziaria), dell’esenzione dall’obbligo di comparire o di prestare l’ufficio.
Il secondo si realizza con il rifiuto, da parte dei predetti soggetti, di dare le proprie generalità ovvero di prestare il giuramento richiesto ovvero di assumere o di adempiere le funzioni medesime.
È il caso dell’esperto che nominato dal Giudice – e nonostante i solleciti della cancelleria – non si presenta all’udienza per assumere l’incarico, o che, nelle condizioni di obbligo, si rifiuta di accettare l’incarico ovvero prestare il giuramento di rito ovvero che fornisce false giustificazioni per essere sostituito.
Rifiuto di atti d’ufficio. Omissione (art. 328 cod. pen.)
La fattispecie di reato è quello del rifiuto ovvero omissione di atti di ufficio relativamente agli obblighi che il consulente tecnico di ufficio assume con il proprio ufficio.
La norma prevede due titoli distinti di reato:
- il primo è connesso al rifiuto dell’atto che per ragioni di giustizia, di sicurezza pubblica o di ordine pubblico o di igiene e sanità debba essere compiuto senza ritardo;
- il secondo, autonomo rispetto al primo, riguarda l’omissione del compimento degli atti del suo ufficio entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse.
È il caso dell’esperto che ometta un obbligo inerente il proprio ufficio come adempiere all’incarico o a svolgere una precisa funzione richiesta.
Falsa perizia o interpretazione (art. 328 cod. pen.)
Con questa figura di reato, come con la falsa testimonianza, il legislatore vuole impedire che l’attività dell’organo giudiziario possa essere fuorviata per mezzo di dichiarazioni contrarie al vero o di altre condotte di falso.
Si tratta di un reato che può essere commesso solo da chi ha assunto, dopo la nomina da parte dell’autorità giudiziaria, la qualifica di perito o di interprete; l’art. 64 cod. proc. civ. prevede espressamente che il consulente tecnico sia equiparato al perito.
Il reato di falsa perizia è ipotizzabile anche nei confronti di un consulente tecnico d’ufficio nominato nel corso di un procedimento civile (cfr. Cass. pen., Sez. VI, sent. 5 febbraio 2007, n. 14101) così come nei confronti del consulente tecnico nominato nel corso di un procedimento di istruzione preventiva, quale l’accertamento tecnico preventivo ex art. 696 cod. proc. civ. (cfr. Cass. pen., Sez. V, sent. 10 gennaio 2003, n. 10651).
La falsità di cui all’art. 373 cod. pen. può presentarsi:
- nel dare pareri o interpretazioni mendaci;
- nell’affermare fatti non conformi al vero.
La seconda ipotesi non dà origine a dubbi mentre la prima crea seri problemi interpretativi perché il perito o il consulente tecnico non si limitano a riferire quanto è accaduto, ma formulano un giudizio.
Ciò ricordato, deve essere evidenziato che il colpevole non è, giusto il disposto del secondo comma dell’art. 376 cod. pen. punibile se ritratta il falso e manifesta il vero prima che sulla domanda giudiziale venga pronunciata sentenza definitiva, anche se non irrevocabile.
È il caso dell’esperto che fornisce notizie o dati falsi sull’immobile oggetto di perizia.
Frode processuale (art. 374 cod. pen.)
Il reato di frode processuale riguarda l’azione messa in atto, da chiunque fraudolenta e truffaldina tesa a mutare artificiosamente lo stato dei luoghi, delle cose o delle persone oggetto d’indagine peritale.
La norma si articola in due distinti titoli di reato l’uno rivolto, all’ambito civile-amministrativo e l’altro a quello penale.
Per procedimenti civili e amministrativi, si ritiene necessario che questi siano già in corso, a differenza di quelli penali, rispetto ai quali la condotta criminosa viene a integrarsi anche anteriormente al loro inizio, dal momento che si tratta di situazioni dove più forte è l’esigenza di garantire la genuinità della prova. Immutare artificiosamente significa operare una qualsiasi modificazione, alterazione o trasformazione di una cosa, fraudolentemente, al fine di ingannare. Alcuni interpreti ritengono possibile anche la frode omissiva, qualora l’agente (si pensi al custode) sia garante della conservazione dello stato dei luoghi o delle cose. La fattispecie nei casi di nostra trattazione possono essere:
- mutazione artificiosa dei luoghi oggetto d’indagine;
- alterazione dei campioni/atti/documenti consegnati al CTU oggetto di indagine.
La norma incriminatrice rientra nel cosiddetto reato di mero pericolo ossia sussiste ancorché la frode non abbia portato a una sentenza di condanna della parte contro la quale ha agito l’ausiliario).
I compensi e le tariffe
In ultimo sull’aspetto delle conoscenze regolamentari non può sfuggire uno dei temi, se vogliamo, di maggiore attualità quello dei compensi e delle tariffe.
Questo richiama l’importanza di conoscere la materia, affatto che scontata. Spesso gli esperti dedicano il giusto tempo all’espletamento del mandato ma poco alla redazione della istanza di liquidazione. Conoscere la materia dei compensi significa non solo determinare le condizioni indispensabili per ottenere l’adeguato riconoscimento economico al lavoro profuso ma anche stabilire le condizioni per un più proficuo ed equilibrato rapporto con il G.E. e in ultimo (oggi quanto mai attuale) scongiurare l’eventuale opposizione alla liquidazione giudiziaria.
Sulle modalità applicative delle norme dedicate (D.P.R. 115/2002 e D.M. 180/2002, quest’ultimo in attesa di aggiornamento attualmente bloccato al MEF per la ricerca di copertura economica) vi è una varietà notevole di applicazioni dovute a diverse interpretazioni da parte degli uffici giudiziari. Non dobbiamo tuttavia lasciarci sfuggire che all’esperto spetta il compito e la responsabilità non solo di conoscere le norme di riferimento ma anche il combinato disposto norma/giurisprudenza che determina le modalità applicative; in ragione di ciò proporre una richiesta di compenso motivata, rispettosa dei dettati normativi e quindi condivisibile.
Non è questa la sede dove elencare le numerose critiche alla novella art.161 disp. att. cod. proc. civ., introdotta dalla legge 132/2015, che ampio spazio ha già avuto su queste pagine a firma di chi scrive: è sufficiente rammentare una delle più azzeccate e cioè quella da individuarsi nel mutamento, in un certo senso, delle funzioni dell’esperto da obbligazione di mezzo a obbligazione di risultato. Ma più in generale correlare il compenso dell’esperto al prezzo ricavato dalla vendita pare non tenere conto dei numerosi fattori esterni all’opera peritale presenti nelle vendite forzate. E ancora da evidenziare che l’intervento ha omesso di determinare un compenso minimo nei casi in cui il bene non sia venduto ovvero venga alienato a un valore talmente esiguo da non poterne considerare alcuna correlazione con l’onorario dell’esperto o ancora di disporre nei casi dove l’onorario liquidato a titolo di acconto si riveli superiore a quello risultante dalla vendita, insinuando così la possibilità che l’esperto sia onerato dal ripetere l’importo ottenuto in più.
Se da un lato è corretto e giustificabile sollecitare maggiore attenzione e cura a tutti gli esperti, con l’azione in commento il legislatore ha prodotto penalizzazioni e incertezze in compiti centrali per il funzionamento della giustizia. Poteva rivelarsi sufficiente indicare l’adozione degli IVS nelle operazioni estimative e il valore di vendita forzata in luogo di quello (non pertinente) del valore di mercato od ancora stabilire linee guida di riferimento.
In questo senso credo non sia superfluo richiamare l’importanza delle funzioni svolte dall’ausiliario e quindi il diritto ad aver riconosciuto un adeguato compenso, condizione oggi tutt’altro che esistente, e la possibilità per i giudici, già con gli strumenti che la norma vigente pone in loro possesso, di riconoscere il giusto ed equo compenso agli ausiliari. Dobbiamo spingere affinchè si realizzi un processo diverso: la qualità deve avere un valore altrimenti nessuno sarà spinto verso quella direzione.
John Ruskin, scrittore, poeta e critico d’arte britannico vissuto nell’800, diceva che: «Non è saggio pagare troppo. Ma pagare troppo poco è peggio. Quando si paga troppo si perde un po’ di denaro, e basta. Ma se si paga troppo poco si rischia di perdere tutto, perché la cosa comperata potrebbe non essere all’altezza delle proprie esigenze. La legge dell’equilibrio negli scambi non consente di pagare poco e di ricevere molto: è un assurdo. Se si tratta col più basso offerente, sarà prudente aggiungere qualcosa per il rischio che si corre; ma se si fa questo si avrà abbastanza per acquistare qualcosa di meglio».
Considerazioni conclusive
In conclusione non possiamo quindi che richiamare tutti gli esperti alla necessaria conoscenza delle norme regolamentari e procedimentali, al fine di acquisire una maggiore consapevolezza delle funzioni, degli obblighi e delle responsabilità conseguenti all’incarico e di quelle connesse all’applicazione delle tariffe. In una epoca dove la specializzazione è presente in ogni settore limitando l’accessibilità a settori professionali, è paradossale e se vogliamo antistorico che in un ambito così importante come quello connesso al sistema di funzionamento delle giustizia, centrale per lo sviluppo sociale ed economico di ogni paese avanzato, siamo sempre legati a logiche di accesso al ruolo assolutamente generiche. I ricordati requisiti si pongono quali elementi indispensabili per introdurre principi di qualità e di competenza nell’opera peritale e nelle funzioni dell’ausiliario, da tempo auspicati dagli operatori del settore, uniche fonti di garanzia e affidabilità per i giudici e per tutti i soggetti coinvolti nel sistema giustizia.
(1) Nei casi previsti dalla legge o quando ne sorge necessità, il giudice, il cancelliere o l’ufficiale giudiziario si può fare assistere da esperti in una determinata arte o professione e, in generale, da persona idonea al compimento di atti che egli non è in grado di compiere da sé solo [disp. att. 52, 53, 161, 194] (1). Il giudice può commettere a un notaio il compimento di determinati atti nei casi previsti dalla legge (2). Il giudice può sempre richiedere l’assistenza della forza pubblica (3).
(2) Cass., sent. n. 2152/2012. L’esperto stimatore, nominato dal tribunale nell’ambito del procedimento di determinazione del valore delle azioni del socio recedente, di cui all’art. 2437-ter, comma 6, cod. civ., va annoverato fra gli ausiliari del giudice, ai sensi dell’art. 68 cod. proc. civ., mettendo egli a disposizione delle parti il risultato della propria opera di valutazione al fine della regolazione delle loro posizioni. Ne consegue che il relativo compenso deve essere determinato, secondo le modalità stabilite dal D.P.R. 115 del 30 maggio 2002, in base alla tariffa giudiziale prevista per tutti gli ausiliari del giudice e non, invece, in base alla tariffa professionale. Cass., sent. n. 8115/1999. In un procedimento di esecuzione forzata degli obblighi di fare, il soggetto incaricato, dal giudice della esecuzione, del compimento di un’attività materiale (nella specie, la ricostruzione di parte di un immobile) rientra nell’ampia categoria degli ausiliari del giudice prevista dall’art. 68 cod. proc. civ., configurandosi come persona idonea al compimento di atti (nella specie, attività materiale) che il giudice non è in grado di compiere da solo. Da ciò consegue che, giusta l’espressa previsione di cui agli artt. 52 e 53 disp. att. cod. proc. civ. in riferimento a tale categoria di soggetti, la liquidazione del compenso vada fatta, con decreto, dallo stesso giudice che ha provveduto alla loro nomina.