Consulente Immobiliare Edizione del 15 novembre 2016, n. 1009 pag. 1948-1951
Con il presente contributo si esaurisce il tema dedicato agli obblighi ascritti al consulente tecnico di ufficio. Nel precedente articolo (pubblicato sul CI 1007 a pag. 1755) abbiamo visto che gli obblighi del consulente possono essere riassunti in tre punti: accettare l’incarico prestando il giuramento di rito; svolgere e completare l’incarico con tutti gli adempimenti connessi all’ufficio ricoperto; rendere gli eventuali chiarimenti e/o supplemento dell’incarico. Abbiamo anche detto che il consulente, con la prestazione del giuramento di rito la cui formula ricordo recita «di bene e fedelmente adempiere alle funzioni affidatemi al solo scopo di far conoscere al giudice la verità», assume su di sé tre sostanziali obblighi: “adempiere” all’incarico, adempiere “bene “; adempiere “fedelmente”.
Può spiegare esattamente il significato
di questi tre obblighi?
Con il primo obbligo il consulente dichiara di adempiere al mandato affidato e pertanto, con tale enunciazione, il soggetto si obbliga all’adempimento con il deposito della consulenza.
Tale obbligo può venire meno esclusivamente per sopravvenuti fatti oggettivi impeditivi al compimento delle operazioni; che, naturalmente, debbono essere comunicati al magistrato il quale, laddove riconosciuti, provvederà alla sostituzione del consulente.
Viceversa, il CTU che ometta il compimento dell’incarico commette il reato di omissione di atti di ufficio (art. 328 cod. pen.) e può essere fatto oggetto di sanzioni disciplinari oltreché, laddove sussistenti, responsabilità sul piano civile.
Con il secondo, il consulente tecnico si obbliga ad adempiere “bene”alla prestazione affidategli.
Tale enunciazione è legata a due fattori fondamentali:
- avere le conoscenze sul piano procedimentale;
- avere competenza nella materia sul piano tecnico-scientifico.
Per il primo di questi il consulente deve svolgere l’incarico rispettando le regole procedimentali poste a presidio del corretto e regolare svolgimento del processo. In particolare:
- principio dispositivo;
- principio del contraddittorio e diritto alla difesa;
- principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato;
- principio della disponibilità delle prove.
Il consulente deve svolgere l’incarico prestando al meglio le proprie conoscenze sul piano tecnico-scientifico.
Va da sé che – come già osservato in precedenza – laddove il consulente non abbia conoscenze ovvero sia incompetente nella materia oggetto delle proprie indagini peritali egli è tenuto ad astenersi. Viceversa – anche qui ne abbiamo già fatto menzione – si configurerebbe a carico del soggetto agente le responsabilità previste dall’art. 64 cod. proc. civ. – Colpa grave.
Per quanto riguarda il secondo aspetto, connesso all’obbligo di adempiere “bene”,
il consulente nominato deve possedere quelle conoscenze sul piano tecnico scientifico che gli consentano di comprendere e valutare la materia oggetto d’indagine peritale per fornire al giudice risposte corrette, fondate ed esaustive ai quesiti posti.
Più in generale, sull’obbligo di adempiere “bene” vale la pena di ricordare (riaffermando un concetto molto caro per parla precisato in diverse occasioni in queste pagine) che il consulente tecnico preparato e qualificato nelle funzione dovrebbe possedere “tre saperi”.
In buona sostanza, il sapere dell’esperto può individuarsi in:
- sapere tecnico;
- sapere giuridico;
- sapere relazionale.
Sapere tecnico – Riguarda la competenza specialistica nel settore in cui l’esperto svolge la propria attività. Si tratta pertanto, per esempio, delle metodologie estimative per il geometra, l’ingegnere o l’architetto ovvero le voci costituenti un bilancio aziendale per il commercialista o ancora le tecniche di analisi per il perito chimico.
Sapere giuridico – Il tecnico che espleta l’attività di CTU deve conoscere compiutamente le norme che regolano l’ambito nel quale la propria attività trova esplicazione. Per il tecnico, per sua stessa natura non “tecnico del diritto”, si impone pertanto la conoscenza approfondita dell’intero quadro normativo che consente di poter svolgere nel migliore dei modi la propria attività, mettendosi al riparo da eventuali spiacevoli conseguenze.
Negli incarichi di consulente tecnico di ufficio le norme di procedura civile influiscono e condizionano in modo decisivo il mandato. Potremmo dire che la norma rappresenta nella consulenza tecnica di ufficio quello che il sale rappresenta per la pasta: come il sale non si vede, ma se non c’è, appena assaggiata la prima forchettata, si apprezza!
Il consulente deve quindi conoscere approfonditamente le norme che regolano la propria attività e specificamente quelle relative alle disposizioni regolanti l’iscrizione, la tenuta, la formazione dell’Albo dei consulenti tecnici (artt. 13 disp. att. cod. proc. civ. e segg.), nonché quelle relative alle sanzioni e responsabilità cui è soggetto, quelle relative alla propria attività e quella dei consulenti di parte (artt. 90 disp. att. cod. proc. civ. e segg.), le disposizioni generali (artt. 61 cod. proc. civ. e segg.) e quelle concernenti il processo di cognizione (artt. 191 cod. proc. civ. e segg.).
Sapere relazionale – Con un altro termine potrebbe definirsi il saper essere, ovvero quell’insieme particolare di modelli comportamentali, relazionali e di sensibilità che l’ausiliario deve saper utilizzare nello svolgimento del compito in particolar modo nelle fasi dedicate all’esperimento conciliativo della vertenza giudiziaria che oggi sono costantemente richieste all’ausiliario giudiziario dal proprio giudice. In verità, tra gli esperti giudiziari si registra come modello diffuso quello ispirato allo stile autoritario; se vogliamo ciò è indotto anche dalla percezione di “ordine imposto” con il quale viene connotato, nella visione comune e in un certo senso convenzionale, l’incarico giudiziario. Tale modello, se da un lato può rispondere a esigenze di ritualità nello svolgimento delle fasi tipiche dell’incarico, dall’altra non risulta né funzionale né tantomeno efficace laddove, in altre fasi del mandato, la priorità debba essere indirizzata a privilegiare caratteri di relazionalità e confronto con i diversi soggetti coinvolti come accade, per esempio, nei tentativi di conciliazione dove diventa essenziale per il consulente comprendere che solo attraverso il dialogo è possibile offrire alle parti un cambiamento di prospettiva della controversia; proprio quel dialogo che manca in un conflitto che viene acuito dall’assenza della comunicazione.
In sintesi, i saperi in parola potrebbero essere ben inquadrati nella tabella 1.
TABELLA 1
SAPERE TECNICO | SAPERE GIURIDICO | SAPERE RELAZIONALE |
La competenza specialistica nell’oggetto dell’incarico | La conoscenza delle regole e delle norme procedimentali | La capacità per realizzare la conciliazione della vertenza |
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Ma tali obblighi connessi alle qualità
che Lei ha citato oggi trovano
rispondenza nella realtà?
Purtroppo abbiamo osservato frequentemente come via sia una forte distonia tra la rilevanza che ha assunto la figura del consulente nel processo e il livello di competenze del consulente.
Quanto sopra a parere di chi parla, rende quindi quanto mai indispensabile una diversa considerazione del ruolo del consulente da parte di tutti gli attori.
D’altra parte occorre registrare come nel percorso scolastico e universitario non si siano mai curate in modo specifico la formazione e la specializzazione del futuro consulente tecnico, ancorché a questi vengano, da sempre, affidati compiti di rilevante responsabilità. Si consideri che oggi tali condizioni, da sempre latenti, si sono aggravate dalle conseguenze connesse alla crisi economica che ha colpito pesantemente anche il mondo professionale dove si è registrato un fortissimo incremento delle domande per essere iscritti all’Albo dei CTU, portando all’interno dei tribunali soggetti con poche o nessuna conoscenza specifiche del ruolo. Il criterio di mera rotazione nell’assegnazione degli incarichi che oramai si è affermato nella maggior parte degli uffici giudiziari sta facendo il resto.
Il quadro critico in relazione al fenomeno segnalato non può non porre seri interrogativi agli operatori del diritto (alcuni magistrati stessi segnalano la delicata questione), in quanto si sta registrando con preoccupante diffusione a livello nazionale. Tutto questo incide negativamente in un quadro già di per se stesso connotato da precarietà e generale deficienza del funzionamento del sistema e che, se non opportunamente corretto, provocherà seri problemi al meccanismo processuale. Peraltro vale la pena di osservare che ciò sarebbe ricordato dall’ art. 23 disp. att. cod. proc. civ. dove pur riaffermando il criterio della rotazione, il disposto precisa che «…Il presidente del tribunale vigila affinché, senza danno alla giustizia, gli incarichi siano equamente distribuiti tra gli iscritti nell’albo…».
Tornando agli obblighi?
Il terzo obbligo, ossia adempiere “fedelmente” è legato al fattore centrale del rispetto dei doveri richiesti dall’ufficio e da richiamarsi nel rispetto della legge e a concetti di probità e serietà.
In particolare il rispetto delle prerogative e a quelle di ausiliario del giudice in relazione alla ricorrenza di possibili reati penali: concussione, corruzione, abuso d’ufficio, peculato, induzione indebita a dare e promettere utilità, omissione atti ufficio, falsa perizia, frode processuale, rivelazioni e utilizzazione di segreti d’ufficio, utilizzazione d’invenzioni o scoperte conosciute per ragioni di ufficio.
In conclusione, tra gli obblighi del CTU vi è anche quello dei chiarimenti ovvero della prestazione dell’eventuale supplemento?
Si. Il consulente è tenuto a fornire, in udienza o in camera di consiglio, gli eventuali chiarimenti che il giudice gli chiede; tale obbligazione fa riferimento all’alveo originario dell’incarico e non prevede nuova attività peritale né diversa liquidazione dei compensi e delle spese rispetto all’incarico precedentemente svolto.
Ove invece la situazione richieda un incarico supplementare – che ricordo riguarda un vero e proprio nuovo incarico con nuovo quesito, nuova comunicazione d’inizio alle operazioni da inviarsi alle parti, una nuova relazione nel rispetto del regime della consulenza disposto dall’art. 195, comma 3, e quindi anche nuova liquidazione degli onorari e delle spese a vantaggio del consulente, quest’ultimo è tenuto a svolgere questa nuova attività d’incarico qualora disposto dal giudice.